Life as validated learning

Il blog di Davide Zane

  • Home
  • Blog
  • Chi sono
  • Contatti

Qual è il problema con i consulenti. E 4 punti per risolverlo.

February 18, 2016 by Davide Zane in guida, consulenza

La consulenza è croce e delizia dei nostri tempi: progetti intensi e ricchi di respiro strategico, ma anche, autentiche porcherie. Tanto che, soprattutto in Nord America, è fiorita una vasta pubblicistica sul tema. Un ex consulente, David Craig, ad esempio, ha scritto, nel suo “Rip-off!”: “è come rapinare una banca, ma in modo legale”.

Conosciamo bene le critiche tipiche: i consulenti non conoscono il nostro business; sono incredibilmente costosi; nel team, accanto ai partner più bravi, ci mettono dei junior meno capaci; le soluzioni non sono facilmente applicabili e così via. Per dirla con un altro ex consulente, Martin Kihn: “ti rubano l’orologio per dirti l’ora”.

Come i banchieri e i politici, i consulenti sono un obiettivo molto facile per esprimere il disagio aziendale. Cerchiamo, dunque, di vederci più chiaro.

Iniziamo con il dire che esistono, soprattutto nel nostro paese, due tipologie di società di consulenza. La prima è costituita dalle “solite” big: le McKinsey, Bain, BCG e via dicendo. Si rivolgono a medio/grandi aziende, impegnate in processi di trasformazione impegnativi. La seconda tipologia, invece, è costituita da quel vasto insieme di strutture più piccole, indipendenti, che offrono un servizio in qualche modo artigianale e/o specializzato. Questo “su misura” può essere sinonimo sia di eccellenza sartoriale sia, purtroppo, di approssimazione.

Tipicamente le prime sono scelte in modo strutturato e per rispondere a problematiche dall’impatto davvero rilevante (su cui pochi altri possono intervenire), mentre le seconde sono selezionate spesso attraverso dimensioni relazionali e fiduciarie degli imprenditori o dei manager.

In tutti i casi, è possibile evidenziare un ethos tipico del consulente. Mettere ordine nelle informazioni, dare struttura e fissare il passo dei progetti costituiscono, oltre alle competenze multibusiness, il vero dna del consulente.

Ecco, quindi, 4 suggerimenti per valorizzare un progetto di consulenza sia per il committente sia per il consulente.

1.       Preparare bene il progetto. Molto bene. È necessario investire tempo e risorse di qualità per fissare inizialmente gli obiettivi (in modo preciso e con relative tempistiche) e il perimetro di intervento. Da queste considerazioni iniziali, sarà, in seconda battuta, più semplice delineare il team di lavoro (in termini di dimensione e competenze) e fare un capitolato.
Rischi per il committente: obiettivi e scope generici comportano un’elevata aleatorietà dell’azione del consulente, che non darà vero valore. Se non si conosce esattamente cosa serve, è meglio fare prima un business case. Rischi per il consulente: sbagliare la stima della composizione e dei carichi di lavoro del team comporta un probabile bagno di sangue. Essere generici sugli obiettivi, magari in un progetto remunerato in parte a success fee, significa dare un output di scarsa qualità. E non essere richiamati.

2.       Attivare una relazione cliente/consulente costruttiva e costante. Questo è uno degli errori più frequenti. Pensare che i progetti riescano a procedere bene senza calendari condivisi, jour fixe e, anche, una discreta dose di empatia e “accountability” è una pia illusione. D’altro canto, trascurare di testare le soluzioni sugli effettivi utilizzatori è ancor più deleterio.
Rischi per entrambe le parti: non avere il controllo, prendere decisioni senza tutte le informazioni necessarie, dover rivedere parti del progetto a causa dello scarso allineamento.

3.       Rendere esplicite le mappe del potere. Ovviamente non parliamo solo degli organigrammi, ma, soprattutto in società imprenditoriali, conoscere a fondo anche le aree di influenza non esplicite e porre le condizioni per dare visibilità e coordinare le attività di progetto.
Rischi per il committente: generare disagi organizzativi, anche importanti, che possono portare ad una svalutazione del progetto. Rischi per il consulente: farsi manipolare dal committente, che a volte può utilizzare un intervento esterno per risolvere problematiche interne, addirittura personali.

4.       Flessibilità. La gestione di un progetto è, sì, ordinata, ma non rigida. È naturale che cambino le condizioni di contesto, ma il tutto va gestito con saggezza. Un progetto difficilmente avrà la “responsiveness” di un’attività standard, principalmente per la sua complessità. I cambiamenti, quindi, si possono attivare, facendo leva sulla condivisione e la comunicazione e all’interno degli ambiti analizzati nelle fasi iniziali.
Rischi per il committente: non accettare suggerimenti e “workaround” proposti a volte può minare l’efficacia degli output. Rischi per il consulente: la maggior parte delle aziende, spesso quelle di successo, non si avvicina ai “best case” della letteratura. Inutile insistere con soluzioni che probabilmente non verranno utilizzate.

Consulenza e aziende sono universi simbiotici, destinate ad una continua cross-fertilization. Davvero un’ottima occasione di crescita per entrambi!

February 18, 2016 /Davide Zane
consulenza
guida, consulenza
  • Newer
  • Older

davidezane.com © 2017

PEC amministrazione@pec.davidezane.com